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Agire per il bene della città

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Nelle scorse settimane ci siamo occupati dell’impatto dell’inchiesta “Ducale”, relativa alla cosca Araniti di Sambatello, sulla politica cittadina e regionale. I fari sono in particolare puntati sul Comune di Reggio Calabria, per il quale si parla con insistenza di rischio commissariamento per infiltrazioni mafiose. Facciamo il punto sui risvolti giuridici e gli impatti sociali di un eventuale scioglimento

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Sul paventato scioglimento del Consiglio comunale, abbiamo chiesto a Mario Nasone, presidente del Centro Comunitario Agape, il punto di vista di chi è impegnato nel volontariato sociale, ed all’avv. Nicola Santostefano di spiegarci in termini semplici, accessibili anche a chi non ha dimestichezza con le norme giuridiche, quali sono le regole fondamentali che disciplinano lo scioglimento dei Consigli comunali ( chi è comunque interessato ad approfondire gli aspetti tecnici, trova a questo link una scheda analitica).

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Mario Nasone: una legge sbagliata, e pagano sempre i più deboli

La legge sullo scioglimento delle amministrazioni comunali infiltrate per mafia è stata un fallimento e va radicalmente modificata, come da anni chiedono tanti amministratori locali, magistrati, operatori sociali e perfino parlamentari.

La questione è molto dibattuta in Calabria, che è una delle regioni che ha registrato nel tempo tanti casi di scioglimento, alcuni dei quali hanno fatto registrare clamorose decisioni di annullamento da parte del TAR Lazio che hanno riproposto l’insostenibilità del sistema. Mi riferisco alle sentenze che hanno riguardato i comuni di Lamezia Terme e di Marina di Gioiosa, sentenze che hanno evidenziato errori di superficialità da parte delle prefetture coinvolte e (in particolare nel caso di Marina di Gioiosa) anche travisamento dei fatti.

Senza impelagarsi negli aspetti tecnici e giuridici, bisogna prendere finalmente atto che l’intervento dello Stato, teoricamente teso a ripristinare legalità, trasparenza, democrazia, nei fatti e salvo pochissime eccezioni, non solo non si traduce in una discontinuità con le precedenti amministrazioni, ma nemmeno incide sui poteri di condizionamento mafioso.

Con il paradosso che invece di avvicinare i cittadini allo Stato li si allontana ancora di più: basti pensare a quante volte, in particolare nei piccoli centri, dopo il commissariamento non si riescono a tenere libere elezioni per mancanza di liste e candidati, segnale forte di profonda sfiducia nello Stato da parte di quelle comunità.

Una situazione che è anche figlia di una normativa piena di lacune che, tra l’altro, non dà strumenti adeguati ai commissari, i quali, peraltro, in molti casi non hanno le competenze di base per amministrare un comune, né tantomeno risorse economiche e umane per dare risposte ai cittadini.

L’esperienza ha dimostrato che gli effetti dei commissariamenti – di per sé negativi per le comunità locali – sono ancora più deleteri per quei cittadini che non dispongono di risorse personali per sopperire alle carenze di una amministrazione che non è in grado di erogare loro servizi essenziali in termini di salute, istruzione, Welfare.

Pensiamo agli interventi dei commissari sui bilanci dei Comuni che vedono tagli consistenti alla spesa sociale, per non parlare di programmi di sviluppo economico e sociale di cui questi territori avrebbero bisogno. A ciò si aggiunge (sempre con qualche eccezione) l’interruzione dei rapporti con le forze sociali che si occupano della tutela dei diritti dei più deboli, che non hanno possibilità di interloquire con questi funzionari dello Stato che generalmente si chiudono a riccio, con scarsa presenza nei territori e   che non sono disponibili a dialogare con soggetti della comunità locale verso cui nutrono pregiudizi e diffidenze.

È per tutte queste ragioni che, in attesa che Governo e Parlamento si decidano a mettere mano alla normativa, le voci che da qualche settimana circolano in relazione ad un possibile nuovo commissariamento del Comune di Reggio Calabria dopo quelli già subiti in passato, creano molta preoccupazione nel mondo dell’associazionismo e del volontariato.

I guasti della politica non possono essere fatti pagare sempre ai più poveri e fragili. Partiti ed amministratori hanno perciò il dovere di evitare lo scioglimento con una assunzione diretta di responsabilità ed un atto di onestà nei confronti della città: se il Comune non rischia il commissariamento è giusto che la legislatura abbia la sua naturale conclusione; ma se questo rischio è concreto e può essere evitato con le dimissioni, allora queste andrebbero date per il bene della città.

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Avv.Nicola Santostefano: se si insedia la Commissione d’accesso anche dimissioni tardive non servirebbero

La disciplina relativa allo scioglimento dei Consigli comunali è contenuta nel Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (TUEL).

L’ipotesi ordinaria è prevista dall’ art. 141 TUEL, in base al quale i Consigli comunali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, tra l’altro:

-quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause: dimissioni del sindaco; cessazione dalla carica per dimissioni contestuali della metà più uno dei consiglieri; riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.

Diversamente dall’ipotesi ordinaria, è possibile che lo Stato disponga lo scioglimento dei Consigli comunali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (art. 143 TUEL, che costituisce una disposizione speciale rispetto a quanto previsto dall’art. 141).

La norma prevede che i consigli comunali vengano sciolti quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti, diretti o indiretti, con la criminalità organizzata di tipo mafioso, o similare, degli amministratori locali, o forme di condizionamento tali da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni, nonché il regolare funzionamento dei servizi, o che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

Si tratta di una forma di controllo dello Stato che si concretizza nella valutazione globale dell’operato degli enti locali, svincolata dalla verifica dei singoli atti.

Al fine di verificare la sussistenza degli elementi relativi all’infiltrazione mafiosa, anche con riferimento al Segretario comunale (o provinciale), al Direttore Generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’Ente locale, il Prefetto dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato di una Commissione d’indagine, composta da tre funzionari che  entro tre mesi dalla data di accesso (rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi), rassegna le proprie conclusioni al Prefetto, che le riporta in apposita relazione da presentare al Ministro dell’Interno.

Laddove ne esistano gli estremi, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Lo scioglimento del Consiglio comporta la cessazione dalla carica di Consigliere, di Sindaco, di Presidente della Provincia e di componente delle rispettive Giunte, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, compresi gli incarichi svolti da personale esterno all’ente se tali incarichi non vengono rinnovati dalla Commissione straordinaria entro un lasso di tempo di quarantacinque giorni dal suo insediamento.

La durata degli effetti dello scioglimento è di un minimo di 12 mesi fino ad un massimo di 18, che può essere prorogato, se sussistono particolari casi, fino a 24 mesi.

Valutandone gli effetti, lo scioglimento di un Consiglio comunale è un evento traumatico non solo perché quella pubblica amministrazione va a perdere credibilità agli occhi dei cittadini, ma anche perché va a compromettere chi all’interno lavora e penalizza gravemente la funzionalità di tutto l’apparato amministrativo comunale, incidendo negativamente sulla gestione ed erogazione dei servizi ai cittadini.

Pertanto, diventa estremamente importante, evitare lo scioglimento conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (art. 143 TUEL).

Alla luce del quadro delineato e con specifico riferimento alla realtà reggina, dove è concreto ed attuale il rischio di scioglimento del Consiglio comunale a causa delle inchieste giudiziarie in corso, Sindaco e/o consiglieri comunali, potrebbero (o dovrebbero?)  “provocare” lo scioglimento ordinario ai sensi dell’art. 141 TUEL, presentando spontanee e tempestive dimissioni prima che si insedi la Commissione prefettizia di accesso. Infatti, una volta insediata la Commissione, la procedura di un eventuale scioglimento per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi seguirebbe il proprio iter anche in presenza di successive, tardive dimissioni.

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