Nell’ambito di un’operazione condotta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti della cosca che controlla il territorio di Sambatello, sono emersi inquietanti risvolti che vedono coinvolti, in qualità di indagati, esponenti di primo piano della politica cittadina e regionale
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Giuseppe Francesco Sera – per tutti Peppe – è un Consigliere comunale (nonché capogruppo del PD) che si potrebbe definire la tipica espressione della società civile. Sera, infatti, è cresciuto nel mondo dell’associazionismo, nello specifico negli Scout dell’AGESCI ( io stesso l’ho conosciuto quando per diversi anni è stato capo dei miei figli nella parrocchia di Modena).
E’ quindi del tutto naturale che, una volta fatto il salto in politica, qualunque cittadino si aspetti da uno come Peppe Sera un particolare impegno sui temi cari all’associazione di provenienza, e ciò malgrado molte vicende politiche e giudiziarie ci abbiano ormai insegnato che la pretesa “superiorità morale” della cosiddetta società civile rispetto a quella politica è una pia illusione.
Ebbene, che io ricordi, lo scoutismo a Reggio Calabria si è sempre contraddistinto per l’impegno profuso nell’educazione alla partecipazione civica ed alla resistenza contro la ‘ndrangheta.
Ha creato perciò molto sconcerto quanto emerso nell’inchiesta della magistratura, denominata “Operazione Ducale”, nei confronti della cosca egemone nel territorio di Sambatello, nell’ambito della quale è emerso che Peppe Sera sarebbe stato il beneficiario di brogli elettorali architettati da Daniel Barillà, genero del boss di Sambatello Domenico Araniti, detto Il Duca.
I brogli elettorali e l’inchino al boss
Per quanto è stato possibile apprendere dai resoconti di stampa, non è chiaro se Peppe Sera abbia avuto conoscenza diretta e consapevolezza dei brogli che gli hanno procurato un certo numero di voti farlocchi. Quello che è certo è che, essere coinvolti in operazioni fraudolente (o comunque beneficiarne) rappresenta una clamorosa negazione della più alta forma di partecipazione politica dei cittadini, cioè il voto libero (come ci ha magistralmente ricordato il bellissimo film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”).
E veniamo all’impegno antimafia dell’Agesci (che, tra l’altro, è una delle associazioni facenti parte di Libera).
Su questo versante, la posizione di Peppe Sera, oltre ad essere in aperto contrasto con la scelta radicale fatta dall’AGESCI, è – salvo smentite fattuali – particolarmente grave. Dagli atti dell’inchiesta, infatti, è emerso che, durante la campagna elettorale, Sera sarebbe andato personalmente a casa del boss di Sambatello, per ringraziarlo dell’appoggio elettorale ed omaggiarlo come è d’uso nei contesti di ‘ndrangheta da parte di chi è affiliato o colluso o più modestamente debitore: “Era mio dovere passare a salutarvi”, è stato l’”inchino” di Sera intercettato dai carabinieri del ROS.
Devo dire che, proprio perché conosco personalmente Peppe Sera, ho cercato con insistenza nelle cose pubblicate dai giornali e dalle testate web una sua smentita di questa intercettazione, perché non è la prima volta che una frase viene ricostruita male o una persona viene scambiata per un’altra. Purtroppo, fino ad oggi, quella smentita non mi pare ci sia stata.
In una terra come la nostra, fatta di gente che per essersi ribellata al potere mafioso è stata ammazzata, è stata ed è danneggiata nelle sue attività, è stata ed è violentata nella sua normalità di vita familiare e sociale, non è accettabile che un esponente politico che rappresenta i cittadini nel massimo consesso elettivo abbia fatto atto di deferenza ad un boss, perché quell’atto di deferenza in terra di mafia significa anche mettersi “a disposizione”.
Chiarire o dimettersi
Perciò Peppe Sera è davanti ad un bivio non aggirabile: smentire quanto gli viene addebitato o dimettersi subito, senza indugiare oltre.
Per essere chiari, quella che qui si solleva è una questione squisitamente politica, non giudiziaria. Il capogruppo del PD in Consiglio comunale (a proposito: allucinante il silenzio mantenuto sulla vicenda dai vertici regionali e nazionali di quel partito) avrà tutto il tempo di chiarire e difendersi sul terreno giudiziario, ma la città ed i cittadini non possono aspettare i tempi della giustizia, che sono lunghi e tortuosi.
La città ed i suoi cittadini hanno bisogno di sentire da parte dell’interessato una parola di verità, qui ed ora, subito.
Allo stato delle cose, Sera dichiari pubblicamente che non risponde al vero che è andato a casa del boss di Sambatello per salutare ed – implicitamente, ma neppure tanto – “consegnarsi”. Se ciò accade, in omaggio al principio della presunzione d’innocenza, dovremo tutti attendere l’esito del procedimento per tirare le conclusioni del suo impatto sulla sfera politica.
Se ciò non accade, non c’è alternativa alle dimissioni, immediate e irrevocabili.
Oltre a Sera, Falcomatà e Neri
Nella medesima inchiesta “Ducale” sono rimasti impigliati anche il sindaco Falcomatà e Giuseppe Neri, consigliere regionale e capogruppo (ora autosospesosi) di Fratelli d’Italia. Ne parleremo tra qualche giorno, sempre con riguardo ai contorni politici della vicenda , senza facile giustizialismo.