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Danni collaterali. La crisi di Governo la pagano i più deboli

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Anziani non autosufficienti. La fine anticipata della legislatura rischia di far saltare la riforma dell’assistenza alle persone non autosufficienti che il Governo stava per varare. È uno dei tanti “regali” di chi ha tolto la fiducia a Draghi

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Le 48 Associazioni che si occupano in vario modo dei problemi degli anziani non autosufficienti, riunite nel “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, che hanno elaborato una proposta di riforma del settore finalizzata a superare l’attuale frammentazione ed a garantire agli anziani una risposta adeguata ai propri bisogni, hanno rivolto un appello alle istituzioni dal significativo titolo “Proteggete gli anziani non autosufficienti dalle conseguenze della crisi politica”.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – approvato lo scorso anno – prevede una riforma che introduca “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti. A tal fine, il Governo deve varare una Legge Delega che il Parlamento deve approvare entro la primavera 2023: perciò il Patto teme che la brusca interruzione della legislatura possa vanificare gli sforzi finora effettuati, e chiede che si trovi il modo di dare seguito al lavoro compiuto, che si trova in una fase molto avanzata.

Ma andiamo con ordine e vediamo in che cosa consiste, per grandi linee, la proposta del Patto, che sembra essere stata recepita, nella sua essenza, nelle bozze del provvedimento all’esame delle Commissioni tecniche e dei Gruppi di lavoro insediati dal Governo.

Come è noto, l’assistenza agli anziani non autosufficienti è oggi articolatala su tre livelli istituzionali tra loro non coordinati: strutture sanitarie, servizi sociali dei Comuni e degli Ambiti e INPS. Essa, peraltro, è molto diversificata sul territorio nazionale e risente in maniera significativa degli squilibri e delle carenze che su molti territori – ed al Sud in particolare – caratterizzano il rispetto dei livelli essenziali di prestazioni e assistenza.

Istituzione dello SNA

Il punto fondamentale ed innovativo della proposta è l’istituzione di un Sistema Nazionale di Assistenza per gli anziani (SNA), nell’ambito del quale vanno ricondotte tutte le misure di competenza pubblica di Stato, Regioni e Comuni per gli anziani over ultrasessantacinquenni e non autosufficienti.

Obiettivo dello SNA è il coordinamento di tutti gli interventi in favore dei quasi quattro milioni di anziani non autosufficienti e delle loro famiglie, senza modificare le competenze istituzionali esistenti.

Il vantaggio fondamentale è il superamento della frammentazione degli interventi, che complica la vita delle famiglie ed è molto spesso causa di risposte non adeguate ai bisogni degli anziani. Inoltre, con l’istituzione dello SNA, la non autosufficienza diventerebbe un settore specifico del welfare, con problematiche, obiettivi ed interventi ben delineati.

Un percorso unico e lineare

La riforma punta innanzi tutto ad istituire un percorso unico, chiaro e semplice che dia la possibilità agli anziani ed alle loro famiglie di:

– accedere agli interventi attraverso il Punto Unico d’Accesso situato presso le Case di Comunità (strutture sanitarie di base chiamate a garantire la presa in carico multidisciplinare degli utenti e la progettazione di interventi di carattere sociale e di integrazione sociosanitaria, la cui capillare diffusione sul territorio è stata finanziata con il PNRR);

-essere sottoposti ad un unico processo di valutazione, la Valutazione Nazionale di Base (VNB), di titolarità statale, realizzata da un’apposita équipe multidisciplinare con competenze sociali e sanitarie. Tale valutazione definisce quali misure/interventi gli anziani e i loro caregiver possono ricevere fra quelli di responsabilità dello Stato (principalmente: prestazione universale di base/indennità di accompagnamento, agevolazioni fiscali, congedi e permessi di lavoro);

-ottenere un progetto assistenziale individualizzato (PAI), costruito attraverso lo strumento del budget di salute (comprendente anche le misure/interventi che gli anziani e i loro caregiver possono ricevere fra quelli di responsabilità di Regioni e Comuni, in forma di servizi domiciliari, semi-residenziali/ residenziali o di contributi economici) definito dalle Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) territoriali, di titolarità di Regioni e Comuni. Le Uva sono già presenti in gran parte dei territori: si tratta, dunque, di farle funzionare al meglio.

Obiettivi della proposta del Patto

I benefici attesi riguardano innanzitutto la tutela e trasparenza dei diritti: un’unica valutazione nazionale, effettuata con uno strumento oggettivo e multidimensionale, consente l’accesso allo SNA, mentre una seconda valutazione, dimensionata sui bisogni specifici dell’anziano, è strettamente collegata alla prima e punta favorire la permanenza degli anziani nel proprio domicilio, garantendo prestazioni sociali in ottica integrata e tutelando la salute dell’anziano e del caregiver.

Si propone l’istituzione di una Prestazione Universale per la Non Autosufficienza, consistente in un contributo rapportato al bisogno di cura, così come avviene nei principali paesi europei (in Germania si arriva anche a 900 euro in base alle necessità, diversamente da quanto avviene oggi in Italia, che eroga un contributo di 520 euro uguale per tutti, in molti casi assolutamente insufficiente a coprire le necessità di assistenza e cura).

Ed, infine, è richiesta la definizione ed il finanziamento dei LEA e di LEPS per gli anziani non autosufficienti, da garantire in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, cosa che oggi non accade, specie in molte regioni del Sud, in ambito sociale e sanitario.

Concludendo

Fin qui il quadro complessivo della riforma prospettata; resta da capire se tra elezioni, insediamento delle Camere e del nuovo Governo, composizione delle Commissioni parlamentari ecc.ecc., non si sarà fatta primavera inoltrata, e le preoccupazioni del Patto non diventino un’amara realtà.

Nel frattempo, siamo curiosi di sapere quanti dei partiti e dei candidati in lizza si impegneranno (ammesso che conoscano i termini della questione, cosa di cui sinceramente dubitiamo) a dare concretezza ad una riforma attesa da trent’anni che riguarda, considerando le persone non autosufficienti, i loro familiari e chi li assiste, circa dieci milioni di individui.

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