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I bambini del Sud derubati di un anno di scuola

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La Svimez conferma che oltre alla sanità anche nella scuola l’”autonomia differenziata” tra le regioni è già una realtà prima ancora che una norma di legge la renda irreversibile

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Secondo la SVIMEZ, un bambino che vive nel Mezzogiorno frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel centro-nord, il che vuol dire che il bambino del Sud perde un anno di scuola rispetto al suo coetaneo!

Questa verità incontrovertibile, che molti (a cominciare dai sindacati della scuola) fanno finta di non vedere, è stata proposta in maniera efficace e semplificata in una video illustrazione presentata a Napoli, in occasione dell’incontro “Un paese due scuole”, promosso da SVIMEZ e L’Altra Napoli onlus, che potete visualizzare qui di seguito.

Ladri di istruzione, cioè ladri di futuro

SVIMEZ documenta che solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord. Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) su base annua, è, come dicevamo, di circa 200 ore.

Scuola a tempo pieno significa scuola dove ci sono mense e palestre.

Ebbene, nel Mezzogiorno, circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa, in Calabria 60 mila (80%). Nel Centro-Nord, gli studenti senza mensa sono 700 mila, il 46% del totale.

Quanto alle palestre, circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano inoltre scuole dotate di una palestra. In Calabria sono 65 mila, pari all’ 83%, mentre al Centro-Nord gli allievi della primaria senza palestra sono il 54%.

Questi divari nelle infrastrutture scolastiche frenano anche la diffusione della pratica fisica e sportiva, con conseguenze negative per la salute, la spesa pubblica e lo stile di vita della popolazione, con particolare riferimento ai minori. Nel meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni, infatti, è in sovrappeso, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro Nord.

Un Paese, due scuole. La cristallizzazione del divario Nord/Sud

L’intervento pubblico nell’istruzione (dalla scuola all’università) ha fatto registrare un progressivo disinvestimento dalla filiera dell’istruzione che ha interessato soprattutto le regioni del Sud. Tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta nel Sud di oltre 8 punti percentuali rispetto al Centro-Nord.

Il rapporto tra spesa e studenti fa registrare uno scarto sfavorevole al Sud, dove la spesa per studente è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.080 euro per studente contro 5.185).

SVIMEZ evidenzia come la debolezza dell’offerta scolastica e, più in generale, la limitata qualità dei servizi pubblici alimentino il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile che, a loro volta, comprimono il numero di alunni, con il conseguente adeguamento al ribasso dell’“offerta” di istruzione. Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Mezzogiorno (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250.000 unità (-75.000 nel Centro-Nord).

Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di autonomia differenziata – ha dichiarato il Direttore della SVIMEZ, Luca Bianchi – è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di “fare uguaglianza”.

Anche per questo Bianchi ritiene indispensabile Rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord, garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono: come dargli torto?

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