Il Papa dei poveri cristi e l’ipocrisia dei moderni farisei

Papa Francesco è stato un profeta della pace e della solidarietà, rispetto al quale cinque giorni di Lutto nazionale e nessuna iniziativa concreta sono il segno dell’imbarazzante pochezza della classe politica italiana, con l’unica grande eccezione del solito Mattarella

Se preferisci, ascolta l’audioarticolo

Le ultime esortazioni e gli ultimi gesti pubblici di Francesco sono stati dedicati a tre delle questioni fondamentali che hanno caratterizzato il suo papato.

La pace

L’appello a far tacere le armi, lo ha ribadito ancora a Pasqua, il giorno prima di morire, con la citazione dei vari conflitti e la richiesta di pace o, almeno, di un cessate il fuoco: quanto è stato profetico , purtroppo, il suo allarme di una “Terza Guerra mondiale a pezzi”!

I carcerati

Quattro giorni prima di morire, il Giovedì Santo, non ha voluto rinunciare alla Lavanda dei Piedi nel carcere di Rebibbia: “A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere”, ha detto.

Come non ricordare che nella Bolla di indizione del Giubileo 2025, Francesco ha fatto un appello ai governi affinché adottino provvedimenti di clemenza nei confronti delle persone detenute, promuovendo una giustizia penale aperta alla speranza e al reinserimento sociale? Un appello peraltro già rivolto nel precedente Giubileo 2015 e purtroppo caduto nel vuoto.

Gli immigrati

Quattro giorni prima di essere ricoverato al Gemelli, con una lettera ai Vescovi americani contro le deportazioni di massa, Francesco ha espresso “un giudizio critico verso qualsiasi misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità”.

Esprimendosi con chiarezza “a favore di una politica che regolamenti una migrazione ordinata e legale” e ricordando che  “bisogna riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi durante la permanenza nel Paese o prima del loro arrivo”, Francesco ha però sottolineato che “uno Stato di diritto autentico si dimostra proprio nel trattamento dignitoso che tutte le persone meritano, specialmente quelle più povere ed emarginate”, denunciando che “l’atto di deportare persone che in molti casi hanno abbandonato la propria terra per ragioni di povertà estrema, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità e incapacità di difendersi”.

Il comodo Lutto nazionale

Ed ecco che di fronte a questo gigante dell’umanità, a questa figura scomoda per molti potenti della terra, le uniche cose che la politica italiana ha saputo fare sono state la proclamazione di addirittura cinque giorni di Lutto nazionale, il rinvio di alcune partite di calcio e un dibattito in Parlamento ricco di tanta ipocrisia ed interessate amnesie.

Non è servito a cambiare registro neppure il mirato e toccante commiato del solito gigantesco Mattarella, il quale ha sottolineato che la risposta agli insegnamenti di Francesco “non deve limitarsi al ricordo ed alla riconoscenza, ma deve tradursi in responsabilità nel far proprie nei comportamenti quotidiani le indicazioni dei suoi insegnamenti”.

La politica italiana ha perso una grande occasione per sottrarsi al chiacchiericcio inutile, onorando sul serio la memoria di Francesco attraverso atti concreti, come ad esempio:

  1. Un ordine del giorno votato da tutto il Parlamento per una tregua immediata di tutti i conflitti almeno fino al giorno di sepoltura di Francesco;
  2. Un provvedimento di amnistia o di indulto per i carcerati, escludendo solo i reati più gravi
  3. La concessione in via straordinaria ed una tantum della cittadinanza italiana a tutti i ragazzi e giovani stranieri che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria.

Che ne dite, Francesco ne sarebbe stato contento, o è più contento del Lutto nazionale?

 

Di più

NEM è un giornale digitale interamente dedicato ai temi della solidarietà e della marginalità sociale. È una testata no-profit che si avvale di alcuni giornalisti pubblicisti e di collaboratori che per motivi professionali e/o di volontariato sono personalmente impegnati sulle problematiche del disagio, delle fragilità, della solidarietà, della cura delle persone e dell’inclusione sociale.