Dodici anni e passa di commissariamento e la sanità calabrese va sempre peggio. Questo è il giudizio senza appello della Corte dei Conti della Calabria. E la cosa più incredibile è che nessuno si sente responsabile e nessuno va alla ricerca delle responsabilità
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E allora, come stiamo messi in Calabria?
Male grazie, stiamo normalmente in fondo a tutte le varie classifiche sulla qualità della vita che, come al solito, impazzano alla fine di ogni anno.
Abbiamo speranze per un futuro che non sia solo fatto di giovani che partono per studiare o lavorare fuori? Difficile dirlo. Quello che a me sembra certo è che questa terra non ha futuro se non cambiano tre cose fondamentali: le opportunità di lavoro ed una sanità e una scuola che recuperino in fretta i gravissimi ritardi accumulati e raggiugano standard simili a resto del Paese.
La prima questione, il lavoro, è probabilmente la cosa più complicata da risolvere, anche perché sono in gioco complesse variabili nazionali ed internazionali, coinvolge responsabilità pubbliche ma anche ruolo ed impegno dell’iniziativa privata, è fortemente condizionata dalla presenza asfissiante della ‘ndrangheta, sconta ritardi infrastrutturali storici. Lasciamola perciò un momento da parte, anche perché non rientra tra gli argomenti di cui si occupa NEM.
Gli altri due problemi però, la scuola e la sanità, sono soprattutto in mano a gestori pubblici – Stato e Regioni innanzi tutto – e quindi molto si può (e si dovrebbe) fare per garantire anche ai cittadini calabresi un livello di servizi adeguato.
Avremo modo più avanti di occuparci della scuola, perché intanto, dopo l’impietosa fotografia che ne ha fatto qualche giorno fa la Corte dei Conti della Calabria, è tornata di grande attualità la questione sanità.
La sanità è malata grave
Il giudizio è senza appello. Scrive la Corte dei Conti: “Nonostante la Calabria riceva ingenti risorse destinate alla salute dei cittadini, e sebbene i Calabresi in questi dodici anni abbiano continuato a finanziare copiosamente la sanità regionale con il versamento delle extra aliquote IRAP e IRPEF, i medesimi cittadini non godono di servizi sanitari adeguati. Nell’ultimo monitoraggio dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) del maggio 2021, la Calabria si è collocata all’ultimo posto in Italia, avendo totalizzato un punteggio pari a 125 su un minimo di 160, in diminuzione rispetto all’anno precedente ove il punteggio ottenuto era stato di 162. Tale dato, peraltro, è in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni, comprese quelle in piano di rientro”.
Sapete qual è la cosa più sorprendente di questa relazione? E’ che il giorno dopo la pubblicazione di ampi stralci della stessa su tutti i mezzi d’informazione locale, televisioni comprese, le cronache giornalistiche sono subito passate ad altro, il disastro della sanità è stato archiviato, almeno fino al prossimo caso di malasanità da dare in pasto ai lettori/spettatori.
E invece quella relazione va letta e riletta, perché dice cose importanti e perché, a leggerla bene, si rilevano in controluce anche le impronte digitali dei responsabili del disastro, che non sono pochi e che, guarda un po’, appartengono a tutti gli schieramenti politici.
Tutti colpevoli nessun colpevole? Questo è quello che converrebbe ai politici, agli amministratori , ai commissari di Asp e Ospedali ed agli uomini di governo che in questo decennio hanno affossato la sanità calabrese. Ed invece non tutti sono colpevoli e non tutti i colpevoli lo sono nella stessa misura.
Dobbiamo perciò riavvolgere il filo e ripercorrere il cammino che ci ha portato fin qui, al punto in cui per i calabresi è stato di fatto cancellato l’art. 32 della Costituzione, primo comma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Lo faremo con alcuni articoli a conclusione dei quali andrà fatta pure qualche riflessione sul ruolo della magistratura. Cominciamo facendo mente locale su quello che è successo.
Otto Commissari in dodici anni
Sono più di 12 gli anni di Commissariamento della sanità in Calabria. Una storia cominciata esattamente il 30 luglio del 2010, quando, a causa di una spesa ormai abbondantemente fuori controllo ed un livello di servizi e prestazioni ben al di sotto dei Livelli Essenziali di Assistenza , i cosiddetti LEA, (cioè – cito testualmente dal sito del Ministero della Salute- le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione -ticket- con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale- tasse-), si decise che la gestione della Sanità doveva essere sottratta ai gestori politici locali ed affidata ad un Commissario di emanazione governativa, dotato di poteri autonomi e quindi, teoricamente, capace di sottrarsi ai condizionamenti della politica regionale ed alla palude degli interessi localistici e delle corporazioni sanitarie. Peccato che, visto il contesto politico dell’epoca, per sottrarre la sanità calabrese alla disastrosa gestione della politica non si trovò di meglio che affidarla…al suo maggiore esponente politico di allora, il presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, che rimase in carica fino alla sua condanna penale per vicende legate alla gestione del Comune di Reggio Calabria, di cui fu sindaco per otto anni.
Oltre dodici anni di commissariamento dicevamo, dodici anni in cui si sono succeduti ben 8 commissari ( 30 luglio 2010 :Presidente della Giunta della Regione Calabria dott. Giuseppe Scopelliti; 19 settembre 2014 : Gen. Gdf Luciano Pezzi già sub-Commissario ; 12 marzo 2015: ing. Massimo Scura ; 7 dicembre 2018 : gen. dott. Saverio Cotticelli ; 7 novembre 2020 : dott. Giuseppe Zuccatelli; 16 novembre 2020 : prof. Eugenio Gaudio; 27 novembre 2020 prefetto Guido Nicolò Longo ; 4 novembre 2021: dott. Roberto Occhiuto- presidente della Giunta Regionale). Alcuni sono durati qualche anno, altri solo pochi giorni o addirittura poche ore, senza che il disastro economico e gestionale della sanità Calabrese ne abbia tratto beneficio: i servizi sono pessimi, le liste d’attesa lunghissime, le infiltrazioni mafiose hanno causato perfino il commissariamento fino al 2020 delle Asp di Reggio e Catanzaro, e il deficit è addirittura peggiorato.
O sono appena arrivati o stanno per andarsene
Detto in altri termini, lo Stato, che attraverso i suoi Commissari da dodici anni gestisce la sanità in Calabria, ha miseramente fallito e con lui hanno fallito tutti i governi regionali che si sono succeduti in perfetta continuità ed alternanza tra centrodestra e centrosinistra: sì, perché l’altra bizzarria del Commissariamento è che una parte non secondaria delle competenze in materia sanitaria è rimasta in mano alla Regione, per cui in questi anni non sono mancati i conflitti tra struttura Commissariale e uffici regionali, con inevitabili rimpalli di responsabilità ed altrettanti ineluttabili concorsi di colpa!
Il lungo elenco di avvicendamenti nella struttura Commissariale e la puntuale alternanza tra le forze politiche di centrodestra e centrosinistra alla Regione, hanno prodotto un fenomeno tipico della politica calabrese, e cioè la rivendicazione di un alibi legato alla fase temporale; “sono appena arrivato, ho trovato un disastro e devo capire”, oppure “ormai sto per scadere, sto per dimettermi, sto per essere sostituito”: sono queste le affermazioni più frequenti sulla bocca dei Commissari, ivi compresi quelli delle ASP e delle Aziende Ospedaliere, spesso convolti in una girandola di incarichi che fa tornare tutto punto e a capo .
Insomma, nessuno è colpevole, nessuno è responsabile, perché o è appena arrivato o sta per andarsene.
Vedremo la prossima settimana, attraverso la relazione della Corte dei Conti, che le cose non stanno esattamente così.