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Marco Rossi-Doria: capire gli adolescenti, non tutto è disagio

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Recentemente si fa un gran parlare di disagio giovanile. Molti ritengono che le restrizioni dovute al Covid ed il conseguente isolamento dei ragazzi e dei giovani dentro la bolla dei social e delle relazioni virtuali attraverso lo smartphone, siano stati due fattori scatenanti del disagio. Ma il fenomeno è colto nelle sue dimensioni reali o è ingigantito, etichettando come disagio anche le normali fasi di transizione come l’adolescenza? E quale deve essere il corretto approccio degli adulti? Ludovica Saraceno lo ha chiesto al Maestro di strada Marco Rossi-Doria

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Marco Rossi-Doria è un nome che risuona con sempre maggiore rilevanza nel panorama culturale e sociale italiano. Educatore, scrittore e attivista, Rossi-Doria ha dedicato gran parte della sua vita a promuovere un’istruzione di qualità e a combattere le disuguaglianze nel sistema educativo. La sua visione innovativa e il suo impegno costante per la riforma della scuola sono alimentati dalla profonda convinzione che ogni bambino abbia il diritto ad un’educazione equa e inclusiva.

Approfittando della sua presenza in città per partecipare ad un Seminario di formazione (foto di copertina) promosso da Agape e dalle Cooperative Sociali Res Omnia e Minotauro, gli ho rivolto alcune domande su quella che molti definiscono la “generazione ansia”.

Qual è, secondo lei, la principale causa del disagio giovanile oggi?

Non c’è una sola causa. È sbagliato parlare di disagio in senso assoluto. Crescere è sempre difficile; l’umanità avanza attraverso prove, difficoltà, rischi, errori e dolori. Questi sono elementi frustranti, ma fanno parte della vita e dell’esperienza umana, così come quella di tutti gli esseri viventi. Il problema non è quindi il disagio nel crescere: la crescita è meravigliosa, ma è inevitabilmente accompagnata da difficoltà e sofferenza. L’adolescenza, in particolare, rappresenta una nuova nascita, un periodo in cui si scoprono parti inedite di sé, del proprio corpo, del mondo e della vita. Durante questa fase si incontrano l’amore, le amicizie e ci si allontana dalla famiglia. Queste sono sfide che comportano elementi dolorosi e di disagio, ma non devono essere considerati semplicemente come “disagio”. Quando la frustrazione, la sconfitta e la mancanza di speranza diventano quotidianità ripetitiva, si perde la possibilità di vedere segnali distintivi di cambiamento.

A suo avviso, cosa fa schizzare alle stelle i dati relativi all’aumento del disagio giovanile in Italia?

Le cause principali sono la frustrazione e la mancanza di modelli di riferimento. Avere una figura come un nonno o uno zio, oltre ai genitori, e una scuola che stimoli, motivi e sappia dialogare attraverso relazioni educative è fondamentale. Se manca tutto questo e si vive in un ambiente povero, con una casa piccola, genitori che litigano e presenza di droghe e violenza, la situazione diventa complessa.

In che modo le nuove tecnologie e i social influenzano il benessere psicologico dei giovani?

Le tecnologie hanno un effetto duplice. Possono offrire grandi potenzialità e, se usate consapevolmente, rappresentano un aiuto prezioso e un’opportunità di apprendimento. Tuttavia, possono anche portare a sentimenti di alienazione e isolamento. I social possono far sembrare che si sia in compagnia, mentre in realtà si è soli; possono altresì veicolare sofferenza ed esclusione, come nel caso del cyberbullismo. Insomma, dipende tutto dall’uso che se ne fa.

Gli adulti cosa devono fare per favorire il dialogo con i giovani riguardo i loro sentimenti e preoccupazioni?

L’adulto non deve fare l’amico, ma deve svolgere il ruolo di guida, mantenendo il giusto confine. Deve sapere quando dire “no” e cosa è giusto o sbagliato, soprattutto nei momenti decisivi. È essenziale che l’adulto guardi negli occhi il giovane e ascolti con attenzione, senza confondersi con lui, mantenendo una posizione distinta. L’adulto ha il compito di accompagnare e, allo stesso tempo, di cedere potere, aiutando il giovane ad assumere responsabilità e a rispondere per le proprie scelte.

Qual è il messaggio da lanciare ai giovani che stanno passando dei momenti difficili?

È importante che parlino tra di loro, dando voce a ciò che provano. Dovrebbero trovare le parole per esprimere con autenticità i loro sentimenti e le esperienze che vivono. È fondamentale avere persone, sia adulte che coetanee, in grado di ascoltarli, ma anche loro devono ascoltare gli altri. Tutto questo deve avvenire in un contesto di reciprocità, di circolarità: deve esserci ascolto reciproco tra pari e un dialogo aperto con gli adulti visti non come pari, ma come riferimenti solidi, nel senso già indicato prima.

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