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Oltre la morte la privacy muore

Oltre la morte la privacy muore
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Superata l’emotività del momento, l’emblematico caso della piccola Elena merita qualche riflessione

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Mi ha molto colpito nelle settimane scorse, vedere rimbalzare dai social alle pagine dei giornali, sorridente e spensierato, il volto della piccola Elena, uccisa a cinque anni in un paesino vicino Catania dalla mamma che era andata a prenderla all’asilo, come tutti i giorni. Storia orribile, che fa tornare alla mente vicende simili accadute in un passato che volevamo cancellare e che vede, vedrà, giudici, avvocati e psichiatri cercare di decifrarla.

Questa diffusione dell’immagine della bambina, pensavo, non sarebbe stata possibile se non da morta.

Perché, ricordiamolo, la privacy ha le sue leggi, sempre più ferree e minuziose ed una delle più nette è quella che è vietato riprendere e pubblicare video e foto di minori. Solo di quelli vivi però.

In una recente occasione, il Garante per la privacy richiamando il decreto legislativo 101/2018, ha citato le regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, la c.d. “Carta di Treviso”: il diritto del minore alla privacy prevale sempre sul diritto di cronaca perché è necessario per tutelare “il sano e sereno sviluppo della sua personalità”. Quindi foto sui social network solo col consenso dei genitori. Di uno o di entrambi? Cosa si rischia a pubblicare foto di minori senza aver oscurato il volto e interpellato i genitori? Temi tecnici sui quali si scrivono libri, si fanno cause e si tengono convegni.

Tutto dovrebbe essere fatto nel “supremo interesse del minore”, come scrivono i giudici minorili e della famiglia quando si tratta di prendere decisioni in materia di separazione, affidamento dei figli, adozione, ricongiungimento familiare. E sembra proprio che la formula sia facile, a portata di mano. Ma è davvero così?

Fa un certo effetto pensare che nessuna privacy era più necessaria per Elena e nessun Garante troverà motivo per intervenire. Qualche dubbio rimane. Perché quel volto, consegnato così facilmente al mondo senza fine di internet, serviva solo ad appagare superficialmente il bisogno emotivo di conoscere tutto della mamma e della bambina. La notizia ed i particolari della triste storia da soli non bastavano. Ed è arrivato, proprio per questo, sui quotidiani nazionali, anche il disegno che Elena aveva realizzato in occasione della Festa della Mamma con la scritta: “Ti voglio bene mamma” mostrato dalla direttrice dell’istituto scolastico ai giornalisti. A spezzarci ancora di più il cuore, per qualche giorno.

Le leggi sulla privacy ci sommergono ormai e quasi fanno venire l’orticaria, tra moduli e codicilli che talvolta sembrano buoni più ad alimentare conflitti che a promuovere come vorremmo buone prassi. E alla fine ci domandiamo: ma non basterebbe, per i vivi e per i morti, un po’ di buon senso?

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