Durissima presa di posizione del Forum del Terzo Settore e delle centrali delle Cooperative sociali sulla situazione di sbando del welfare regionale, un settore fermo a vent’anni fa e che ora rischia la paralisi
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Chissà se mentre girano tra gli stand del Salone del Libro di Torino e distribuiscono sorrisi e strette di mano, tra un selfie e una foto, i presidenti della Giunta e del Consiglio regionale e la gentile Vicepresidente della Regione Calabria sono andati alla ricerca di qualche titolo che parli della gestione dei servizi socioassistenziali per minori, anziani, disabili: chissà…
Sì, perché leggere qualcosa su questi temi li aiuterebbe magari a rendersi conto che la Regione Calabria non solo è anni luce lontana dagli standard minimi per la gestione di soggetti deboli, ma rischia perfino di far saltare per aria il malandato sistema a cui si aggrappano circa ottomila persone ( persone, non numeri!) appartenenti alle categorie fragili di cui sopra, e di mettere in ginocchio le circa 500 strutture che tra mille difficoltà tengono in piedi il sistema dell’assistenza socio-assistenziale completamente delegato in questa regione al Terzo settore!
La denuncia del Forum Terzo Settore
Ed è proprio il Forum regionale del Terzo settore (unitamente a Confcooperative e Legacoopsociali) a lanciare l’allarme con una durissima nota inviata al presidente Occhiuto ed ai vertici politici ed amministrativi dell’assessorato al Welfare.
La prima questione riguarda la scadenza del 30 settembre per l’adeguamento delle strutture socioassistenziali ed il conseguente rischio di paralisi dell’intero sistema di servizi essenziali per migliaia di cittadini calabresi.
Peraltro, in alcuni Ambiti (per sapere cosa sono gli Ambiti clicca qui) l’implosione potrebbe arrivare ben prima, visto che ad oggi solo alcuni si essi hanno sottoscritto le convenzioni con gli enti del Terzo settore che erogano i servizi e che, nonostante siamo ormai quasi a giugno, non solo non è stato pagato nulla per le prestazioni rese nel 2023, ma allo stato non è neanche possibile fatturare i servizi, con la conseguenza di non poter procedere con eventuali anticipazioni bancarie.
Ritardi,pressapochismo, confusione
Insomma, piove sul bagnato su Strutture in enorme difficoltà che attendono ancora gli accrediti relativi agli anni 2021 e 2022. Cioè da un lato Regione ed Ambiti sono in enorme ritardo con i pagamenti pregressi, dall’altro, sempre a causa delle inadempienze dei predetti enti, le Strutture non possono chiedere nemmeno prestiti alle banche per far fronte ai costi vivi per vitto, ausili per gli ospiti, affitti e manutenzioni degli immobili, nonché per gli stipendi del personale che si prende cura degli assistiti.
Una situazione paradossale ed ormai insostenibile secondo il Forum del Terzo Settore. Aggravata da quello che potremmo definire, scusandoci per il “francesismo”, un vero e proprio casino organizzativo ed interpretativo dovuto alle contraddittorie disposizioni della Regione che alcuni Ambiti interpretano in un modo ed altri in modo diametralmente opposto.
È quello che accade, solo per citare le questioni più rilevanti, relativamente a chi deve farsi carico del pagamento delle rette nelle strutture residenziali e sulla compartecipazione delle rette nei Centri diurni.
L’assurda richiesta dell’indennità di frequenza
Ha del clamoroso poi, la denuncia del Forum sull’idea di imporre il versamento dell’indennità di frequenza per i minori nei Centri diurni.
È bene chiarire che questa indennità è di natura statale, e viene erogata dall’Inps a domanda delle famiglie che hanno minori con gradi di handicap riconosciuti dalla legge. Essa ha la finalità di offrire un sostegno al reddito delle famiglie in concomitanza con i periodi in cui affrontano spese per la frequenza di una scuola o di un centro specializzato per il trattamento terapeutico riabilitativo o sociale. Obbligare le famiglie a versare l’intera indennità di frequenza a titolo di compartecipazione è una iniziativa che rasenta la tentata estorsione, tanto più in una regione che si contraddistingue per carenza assoluta di servizi: non solo non si garantiscono i livelli essenziali di prestazioni, ma per quel poco che si dà si impone una sorta di “pizzo” regionale in contrasto con le finalità stesse della norma che ha istituito il contributo (L.289/90).
Urge mettere ordine nel settore e trovare almeno 10 milioni
Insomma, urge la convocazione di un Tavolo regionale che veda la partecipazione di tutti i soggetti istituzionalmente legittimati ad interloquire per mettere ordine in un settore troppo delicato per essere trascurato. Innanzitutto, per evitare che si concretizzi subito dopo l’estate la paventata paralisi dei servizi, e poi per affrontare ,una volta per tutte, la madre di tutte le questioni: il reperimento di almeno 10 milioni di euro indispensabili – secondo lo stesso Dipartimento regionale – per garantire a regime il sistema integrato di interventi e servizi sociali, senza i quali non ci sono i presupposti per consentire neanche la continuità degli interventi già in atto.