Il Governo rinnega l’obiettivo europeo del 33% di posti disponibili negli asili nido in tutte le regioni. Una scelta profondamente antimeridionalista, che smaschera qual è la vera “filosofia” che sta dietro al progetto di Autonomia Differenziata
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Nel 2002 il Consiglio Europeo riunito a Barcellona, relativamente alla diffusione di servizi per l’infanzia, ha stabilito due obiettivi, uno per le scuole materne e l’altro per gli asili nido.
Per quanto riguarda i Nidi, gli stati membri sono stati impegnarti ad offrire entro il 2010 il servizio ad almeno il 33% di bambini sotto i 3 anni.
Dopo l’emergenza Covid, una risoluzione del Consiglio dell’Ue del febbraio 2021, ha innalzato al 45% l’obiettivo da raggiungere entro il 2030 ( seppure graduato in base ai diversi punti di partenza di ogni Stato).
Tutto ciò in ragione dell’importanza che viene attribuita a livello europeo al contrasto della povertà educativa, di cui i servizi all’infanzia costituiscono un pilastro irrinunciabile.
Un Paese diseguale
Il nostro Paese, secondo le ultime elaborazioni disponibili ( per approfondire clicca qui) è a pochi punti dal 33%, sebbene vi siano molti disallineamenti territoriali tra le regioni e tra le aree urbane e le aree interne.
Tale obiettivo fa parte anche dei target previsti dal Pnrr, al punto che alcuni mesi fa, visto che molti Comuni con percentuali basse di Nidi non avevano partecipato al bando per l’assegnazione dei fondi del Pnrr (è il caso di Reggio Calabria), o vi avevano partecipato con richieste ben al di sotto dell’obiettivo del 33%, sono stati riaperti i termini per l’assegnazione dei fondi ed i Comuni ritardatari sono stati sollecitati a richiederli.
Malgrado ciò, il nuovo Piano Strutturale di Bilancio varato dal Governo per gli anni 2025-2029 stabilisce che, fermo restando l’obiettivo nazionale del 33%, a livello regionale sarà sufficiente raggiungere la soglia del 15% dei posti disponibili per i bambini sotto i tre anni.
Detto in altri termini, il governo Meloni ha deciso di abbassare i Livelli essenziali di prestazione (Lep) per l’accesso agli asili nido, con la conseguenza che il diritto di accesso ai servizi per l’infanzia, anziché essere una conquista per tutti, diventa una questione geografica e territoriale, con buona pace del principio di uguaglianza sociale sancito dall’art. 3 della Costituzione.
Per avere un’idea immediata di quali saranno le aree maggiormente penalizzate da questa scelta è sufficiente dare un’occhiata alla tabella di Openpolis che qui pubblichiamo.
Un colpo al futuro del Sud
La discrepanza è evidente: mentre a livello nazionale rimane valido l’obiettivo del 33%, nelle regioni del Sud, dove il ritardo è già drammaticamente cronicizzato, il governo riduce ulteriormente l’impegno a colmare i divari sociali e territoriali con il resto del Paese.
Questa pessima scelta, che colpisce direttamente il futuro del Sud in quanto penalizza i minori che lo abitano, non ha suscitato grandi reazioni tra le forze politiche di opposizione, a parte qualche comunicato stampa di circostanza, ed è passata quasi sotto silenzio nell’opinione pubblica.
Ritenere che la causa principale di questa tiepida reazione delle opposizioni sia stata la campagna elettorale relativa a tre regioni del Centro-Nord (Liguria, Emilia-Romagna e Umbria) che hanno già raggiunto e superato il 33% è pensare male? Forse, ma come diceva il mitico Andreotti, “ A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Solo le organizzazioni che si occupano di minori e di lotta alla povertà educativa hanno avuto parole forti di contestazione, ma la loro voce è stata totalmente ignorata.
Oltre che per l’aspetto smaccatamente antimeridionalista, la scelta del governo Meloni è inquietante perché svela in maniera spudorata il disegno discriminatorio che sta dietro il progetto di Autonomia Differenziata.
In questi mesi, infatti, per contrastare l’accusa di voler fare la “secessione delle regioni ricche”, i sostenitori dell’Autonomia Differenziata hanno giurato e spergiurato che questo pericolo non esiste, in quanto con la definizione dei Lep saranno garantiti i diritti di tutti.
La vicenda degli asili nido altro non è che la “prova tecnica” di come il Governo ed i partiti che lo sostengono (tutti, anche quelli che fanno finta di resistere, come Forza Italia) intendono invece definire i Lep: lasciando indietro i territori e le comunità più deboli.
Essa ha inoltre svelato, finalmente, qual è la base matematica del fantomatico algoritmo che si sta studiando per il calcolo dei Lep: è la statistica di Trilussa, quella del pollo!