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Residenze psichiatriche: la stagione degli inganni e del blocco dei ricoveri

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Continua il nostro viaggio nel disastrato universo delle residenze psichiatriche calabresi, dove si mischiano antichi ritardi, furberie, cinismo istituzionale, promesse ed impegni disattesi, diritti alla salute negati, rabbia degli operatori e “manicomialità” di ritorno nelle strutture residenziali

Se preferisci, ascolta l’audioarticolo

Come vi abbiamo raccontato nella prima parte di questo nostro viaggio nella follia istituzionale della gestione della Psichiatria in Calabria, dopo la chiusura dell’Ospedale lager del rione Modena di Reggio Calabria, avvenuta nel  1990 grazie al  “Vento” del cambiamento e della solidarietà ispirato dalla figura carismatica di Don Italo Calabrò, nell’ASP di Reggio furono avviate delle esperienze alternative all’ospedale Psichiatrico: strutture miste a gestione pubblico-privata che, pur con limiti e contraddizioni, si muovevano nel solco dei princìpi della legge “Basaglia”.

Franco Basaglia(1924-1980)

Nel secondo articolo abbiamo riferito come a seguito degli scandali relativi ai manicomi di Girifalco e Serra d’Aiello, balzati ai tristi onori della cronaca nazionale, la Giunta regionale adottò la delibera n. 141 del 30 marzo 2009  che, ripudiando i princìpi della “Basaglia”,  ripropose logiche manicomiali. Si posero in tal modo le basi per la creazione di un gigantesco “buco nero” che, come vedremo, nel corso dei successivi anni farà scomparire e risucchierà ogni principio di corretta riabilitazione dei pazienti e di buona amministrazione delle risorse pubbliche.

Il “passo del gambero” ed i lucrosi interessi

Nel 2012 anche l’ASP reggina decise che le strutture a gestione mista esistenti nel territorio   avrebbero dovuto “adeguarsi” alla delibera di Giunta regionale 141/2009. Per tale ragione, in attesa di definire una complessiva riorganizzazione entro l’anno 2012, l’ASP impose alle Cooperative che gestivano il servizio di riabilitazione ed alberghiero presso le strutture miste, la sottoscrizione di un cosiddetto “Contratto ponte” che avrebbe dovuto avere durata di 4 mesi.

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Non vi sorprenderà certamente apprendere che, come quasi sempre accade nel nostro Paese ed al Sud in particolare, il “Contratto ponte” è ancora vigente!

Un gigantesco “passo del gambero”, se si considera che le linee guida adottate nel 1990 per le strutture della provincia di Reggio erano in linea con i princìpi dettati dalla “Legge Basaglia”,  mentre la delibera 141 era stata adottata per  garantire ben diversi interessi.

Di quali interessi parliamo?

Per esempio, di quelli che furono dietro all’assegnazione dei pazienti di Serra d’Aiello a strutture totalmente private, con i malati trattati come pacchi.

Le testimonianze raccontano che, quando nel cuore della notte del 17 marzo 2009 quei poveri ricoverati, che già avevano subìto abnormi ingiustizie, vennero prelevati da un centinaio di poliziotti in divisa antisommossa, furono gestiti come “pacchi” e collocati a stretto giro presso alcuni soggetti privati: “bollati” per numero, scelti con chissà quali compiacenze e ritorni da personaggi privi di scrupoli, in fervida attesa per la conta. “Ne manca uno…”, “va bene prendetevi quest’altro” …tanto le cartelle cliniche erano rimaste nell’Istituto di provenienza! Nessuna distinzione tra schizofrenici, portatori di handicap fisici, anziani, sordomuti, nessuna valutazione in rapporto alla gravità ed allo stato di salute mentale!

L’ ASP  di  Reggio blocca i ricoveri

Scaduti i quattro mesi del “Contratto ponte” del 2012, l’ ASP non diede alcun seguito agli impegni esplicitati nel contratto (da essa stessa imposto) utili a pervenire ad una contrattualizzazione definitiva con le Cooperative.          

Finché nel 2015 decise, scelleratamente, di bloccare i nuovi ricoveri nelle strutture psichiatriche esistenti nella provincia di Reggio. Questo gravissimo atto (che ancora permane!), fu paradossalmente “motivato” come conseguenza del mancato accreditamento delle  Cooperative, ( di cui l’ASP era la principale responsabile), ignorando inoltre la circostanza che le residenze  psichiatriche in questione  erano  ( e sono ancora ad oggi, dato che ivi operano il responsabile medico e gli infermieri dell’ASP) strutture pubbliche che la normativa regionale considera “provvisoriamente accreditate”  (legge finanziaria Regione Calabria 2009  art. 65, conosciuta come “Legge Loiero”). 

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Il blocco, tuttora in vigore, ha prodotto e produce gravissime conseguenze sul piano sociale, sulle famiglie e sugli utenti, costretti ad “emigrare” per fruire altrove (in altre provincie o regioni) l’assistenza a cui hanno diritto. Senza contare gli effetti negativi sulle casse dell’ASP, che da un lato deve continuare a corrispondere gli stipendi al proprio personale impiegato nelle strutture a gestione mista, dall’altro deve corrispondere ad altre aziende sanitarie la retta per intero, andando ad “ingrassare” altre ASP e strutture private come quelle sorte  in  seguito alla  chiusura dei manicomi di “Serra D’Aiello” e “Girifalco”. Soldi che finiscono, anch’essi, in quel “buco nero” su cui occorrerebbe far luce da parte delle autorità che ne hanno competenza.  Per comprendere quali interessi possano celarsi dietro questo scempio, sarebbe sufficiente che la Regione fornisse i dati concernenti l’assistenza psichiatrica (la Calabria è l’unica Regione che non fornisce dati al riguardo, neanche al Ministero!!): ad esempio, sarebbe interessante sapere quanti sono i pazienti della provincia di Reggio ricoverati presso la struttura “Borgo dei Mastri s.r.l.” di Paternò (CS) .

Un Tavolo Tecnico per l’accreditamento

E arriviamo a novembre 2015, quando, grazie alla buona volontà e capacità del Direttore dell’epoca del Dipartimento Tutela della Salute della Regione, Riccardo Fatarella, fu istituito un “Tavolo Tecnico” avente l’obiettivo di pervenire ad una adeguata riorganizzazione del settore.

Come primo passo, si stabilì, in maniera perentoria un percorso, riservato alle strutture psichiatriche preesistenti nell’ASP di Reggio, che avrebbe dovuto, entro e non oltre il termine del 31 dicembre 2016, condurre all’accreditamento di tutte le Cooperative , con la presa in carico da parte di esse anche dell’assistenza sanitaria. 

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La contestuale sottoscrizione dell’accordo da parte di tutti i soggetti interessati fece presagire che la problematica specifica stesse, finalmente,  per avviarsi a soluzione. Le Cooperative furono invitate a trasmettere apposita istanza entro febbraio del 2016. Nonostante tale adempimento e gli ingenti investimenti effettuati da diverse cooperative al fine di adeguarsi – per come stabilito nell’accordo – ai requisiti organizzativi, tecnici e strutturali previsti dalle disposizioni di legge e regolamentari, cessato l’incarico conferito  al dirigente Fatarella,  Regione ed ASP piombarono  in un nuovo lunghissimo  immobilismo.

L’ ennesima stagione degli inganni

Nel 2019, il neo insediato Commissario Straordinario alla Sanità in Calabria, Saverio  Cotticelli,   stabilì che le Cooperative nel frattempo “sopravvissute”  avrebbero dovuto rinnovare  l’istanza di accreditamento  entro il 15 luglio dello stesso anno. Tutte le cooperative adempirono puntualmente.   Ma anche in questo caso, fra innumerevoli promesse disattese, altri tre anni trascorsero invano. 

Fino a quando, nonostante le garanzie di imminente ed esatto adempimento più volte in tal senso rilasciate dal sub-commissario Esposito, la Regione decise, nel mese di giugno 2022, di eliminare dal percorso di accreditamento ben sei delle dieci strutture ancora sopravvissute ed operanti da più di 30 anni.

Per arrivare a questa fantastica decisione,   nonostante i quasi mille pazienti calabresi  curati fuori dalla Calabria, la Regione si inventa a posteriori, introducendolo tre anni dopo la data di presentazione delle domande da parte delle Cooperative, il criterio cronologico per la “selezione” delle istanze. Così sei strutture sono state escluse, pur avendo presentato regolare istanza nei termini previsti del 15 luglio 2019, e quattro ammesse per differenza di ore o di minuti nella trasmissione telematica! Verrebbe da dire, per restare in tema, che questo modo di procedere è follia pura, e ci sarebbe da ridere ad oltranza sull’incapacità gestionale mostrata dalla Regione, se non ci fosse di mezzo l’assistenza a pazienti psichiatrici ed anche il destino di un centinaio di lavoratori.  operanti da 34 anni nel settore.

Per il sub-commissario Esposito non si è trattato di “follia amministrativa”, bensì di una “incomprensione” fra gli uffici preposti (situati logisticamente a distanza di ben 10 metri l’uno dall’altro!), a cui la Regione avrebbe a stretto giro posto riparo…

I posti letto, già insufficienti, vengono ulteriormente ridotti  

A febbraio del 2023, per placare gli animi dei lavoratori e delle cooperative, la Regione convoca  le organizzazioni di rappresentanza, assicurando che avrebbe ampliato la “Rete Territoriale”  per la psichiatria (e quindi il numero dei posti letto assegnati per la provincia di Reggio); i dirigenti dell’ente assicurano che l’accordo in tal senso è già stato trovato anche con il Ministero, che il documento già predisposto dalla Regione sarebbe stato approvato entro poche settimane; questioni di riservatezza, asseriscono, non ne consentono la consegna, prima dell’approvazione da parte del Ministero, neanche alla nuova Direttrice dell’ASP di Reggio Calabria, Lucia Di Furia.

La “Rete Territoriale”, come predisposta dalla Regione Calabria, è approvata dal Ministero nel mese di luglio 2023. Ed anche stavolta emerge un clamoroso, ennesimo inganno da parte della Regione: per la psichiatria a Reggio nessun aumento dei posti, ed anzi una diminuzione! La direttrice ASP, Lucia di Furia, manifesta grandi perplessità rispetto all’accaduto e, nel mese di agosto 2023, trasmette una nota alla Regione in cui sostanzialmente ribadisce la necessità di pervenire all’accreditamento di tutte le strutture preesistenti, per rispondere, seppur parzialmente, ai bisogni del territorio. 

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Tale missiva, come vedremo, non è mai stata presa in considerazione dalla Struttura Commissariale; successivamente anche la Direttrice Generale dell’ASP si allinea alle posizioni di volta in volta assunte da Regione e Struttura Commissariale.

La tarantella degli inganni continua e  il TAR bacchetta Regione ed ASP

Alla fine del mese di Ottobre 2023, il sindacato USB  e i lavoratori delle cooperative, dopo una serie di infruttuose proteste,  decidono di occupare pacificamente e senza interromperne l’attività lavorativa, la sede dell’ASP di Reggio. La Regione allora convoca le parti e, presenti anche rappresentanti politici della Città Metropolitana di Reggio, ASP, Regione e Struttura Commissariale sottoscrivono un verbale che prevede la rimodulazione dei posti letto a livello regionale e provinciale e il conseguente accreditamento delle Cooperative in base ai fabbisogni così rideterminati,  chiedendo ed ottenendo l’interruzione dell’occupazione degli uffici Dirigenziali dell’Azienda Sanitaria .

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Ma dopo aver ottenuto lo sgombero dell’occupazione da parte dei lavoratori, sia l’ASP che la Regione non danno seguito alcuno agli impegni assunti.

La situazione si fa insostenibile anche sotto il profilo gestionale, tant’è che a fronte di una totale assenza di prospettive, le Cooperative del settore preannunciano imminenti licenziamenti.

E siamo a gennaio 2024, quando la nuova Prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro, instaura e dirige personalmente un “Tavolo di raffreddamento”, richiesto dal sindacato USB  ai fini di evitare i preannunciati licenziamenti. Anche di fronte agli impegni assunti al cospetto della Prefetta nel corso dei numerosi incontri e nonostante la disponibilità da parte di sindacato e Cooperative ad accettare soluzioni sempre più “al ribasso” proposte da Regione (sub commissario Esposito) ed ASP (dottoressa Lucia Di Furia) l’Ente pubblico fa l’ennesima marcia indietro non dando alcun seguito a quanto stabilito.

Al fine di contrastare le scelte di ASP e Regione, alle iniziative sindacali si aggiunge quella di alcune cooperative che ricorrono all’Autorità giudiziaria, con il risultato che nell’agosto scorso una sentenza del TAR ha fortemente censurato l’amministrazione pubblica, mettendone a nudo la pochezza amministrativa ed annullando anche il provvedimento di esclusione dall’accreditamento delle cooperative ricorrenti.

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Per tutta risposta, la Regione ha annunciato la volontà di impugnare il provvedimento del TAR , con conseguente nuovo esplodere della tensione, nuove minacce di occupazione dell’ASP da parte degli operatori del settore e nuovo intervento della Prefetta, che ha convocato un tavolo di dialogo nei prossimi giorni.

Vi racconteremo come andrà a finire questa ennesima puntata di una telenovela amara, che non sembra finire mai , in un prossimo articolo nel quale faremo anche una doverosa incursione nel mondo de Terzo settore.

Saverio Occhiuto, Commissario alla sanità Calabrese, e Lucia Di Furia, Direttrice generale ASP RC

E intanto, anche le strutture accreditate rischiano di diventare “piccoli manicomi”

Gaetano Nucera e Immacolata Cassalia , rispettivamente Presidente dell’Associazione “Insieme Per la Disabilità” e  Presidente della Cooperativa “Libero Nocera” (che gestisce residenze psichiatriche) hanno recentemente scritto al Commissario alla Sanità Calabrese, Saverio Occhiuto, per segnalare che l’organico previsto per le strutture psichiatriche relativamente ad alcune figure professionali chiave ha un impatto negativo sulla qualità del servizio.  

Infatti, la drastica riduzione degli educatori professionali da 6 a 2, insieme a un numero insufficiente di ore per lo psicologo, l’assistente sociale e l’istruttore, di fatto impediscono di implementare percorsi terapeutici e riabilitativi strutturati e personalizzati. Ciò che abbiamo sperimentato sul campo – affermano Nucera e Cassalia – è che senza un team adeguato, i programmi di integrazione sociale rimangono solo formali e non applicabili nella realtà quotidiana della struttura. Inoltre, l’attuale programma organizzativo prevede cinque Oss, un numero del tutto insufficiente per garantire la copertura del servizio nelle 24 ore, soprattutto considerando eventuali assenze per ferie, malattie, o permessi durante l’anno. In queste condizioni diventa estremamente difficile mantenere un’assistenza continua e qualificata.

Questo tipo di organizzazione – sottolineano – rischia di trasformare le residenze psichiatriche in luoghi di mera assistenza, piuttosto che spazi di inclusione e recupero, facendo riemergere pericolosamente le vecchie logiche manicomiali. (Segue)

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