Stralcio dalla relazione Corte dei Conti sulla sanità calabrese
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Nonostante la Calabria riceva ingenti risorse destinate alla salute dei cittadini, e sebbene i calabresi in questi dodici anni (di commissariamento, NdR) abbiano continuato a finanziare copiosamente la sanità regionale con il versamento delle extra aliquote IRAP e IRPEF, i medesimi cittadini non godono di servizi sanitari adeguati.
Nell’ultimo monitoraggio dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) del maggio 2021, la Calabria si è collocata all’ultimo posto in Italia, avendo totalizzato un punteggio pari a 125 su un minimo di 160, in diminuzione rispetto all’anno precedente ove il punteggio ottenuto era stato di 162. Tale dato, peraltro, è in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni, comprese quelle in piano di rientro.
L’offerta dei servizi sanitari, dunque, è estremamente precaria.
Una criticità sempre rilevata dalla Sezione che influisce, seppure indirettamente, sul riparto delle disponibilità finanziarie, attiene alla mobilità sanitaria.
La regione Calabria storicamente mostra una elevatissima mobilità passiva, di chiaro stampo patologico. Circa il 20% dei ricoveri dei residenti calabresi (per acuti in regime ordinario), infatti, risulta effettuato presso strutture collocate al di fuori del territorio regionale, a fronte di una media nazionale della mobilità passiva pari all’8,3%. Nel 2021, il saldo della mobilità interregionale (ivi compresa quella internazionale) è pari ad €. 242.154.779,00.
Tuttavia, il fenomeno della mobilità incide sui cittadini calabresi molto più di quanto rilevato dal saldo finanziario. Una valutazione complessiva dell’impatto economico dell’emigrazione sanitaria richiederebbe, infatti, anche la quantificazione dei costi sostenuti dai pazienti e dai familiari per gli spostamenti nonché i costi indiretti per assenza dal lavoro dei familiari, permessi retribuiti, ecc. (è o non è questo un “danno ingiusto”, ex articolo 323 cp, arrecato ai cittadini calabresi? NdR).