Il 21 marzo è la giornata nazionale dedicata alle vittime innocenti di tutte le mafie. Anche a Reggio si è rinnovato un impegno che ha il suo simbolo in uno spazio dedicato in Piazza Castello
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Era il 23 maggio 1993, sull’autostrada tra Punta Raisi e Palermo, e magistrati, rappresentanti delle Istituzioni e Forze di Polizia, società civile e studenti, confluivano per la prima commemorazione della strage di Capaci. C’era anche don Luigi Ciotti su quel luogo di dolore e memoria. Pregava in silenzio, quando all’improvviso, gli si avvicinò una donna esile, vestita di nero, con gli occhi rigati di lacrime. Quella donna prendendogli le mani, gli disse: «Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai? È morto come gli altri».
Quella donna era Carmela Montinaro, la madre di Antonio Montinaro, il capo scorta di Giovanni Falcone, e tra le tante sofferenze viveva quella che Antonio e i suoi colleghi venissero liquidati e ricordati sotto l’espressione “i ragazzi della scorta”. Da quel grido di identità negata, dal dolore di una mamma che aveva perso il figlio sotto i colpi di tritolo lungo il tratto dell’A29, nasce la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
La memoria come funzione sociale
Quell’incontro segnò in Libera l’avvio di un percorso destinato alla memoria incessante delle vittime innocenti delle mafie e un nuovo corso del movimento nazionale antimafia, che vede ogni 21 marzo snocciolare un lungo rosario civile di nomi e storie. L’esercizio della memoria scava nel passato, recupera la nostra storia più nobile, quella di chi ha resistito, ma anche quella più violenta di chi si è sporcato le mani di sangue, quella vergognosa di chi si è voltato dall’altra parte. Restituire alle città le storie delle vittime innocenti, quelle che rischiano di cadere nell’oblio, rappresenta una necessità, si traduce nel dovere di fare memoria. La stessa memoria va considerata come una funzione sociale.
La città di Reggio Calabria, all’interno di una manifestazione organizzata dal Centro Comunitario Agape, dall’Associazione Pesce Rosso e da Libera, ha rinnovato questa memoria.
A Piazza Castello, già luogo simbolo in città, i volontari dell’Agape hanno ripristinato lo spazio verde e restaurato le installazioni di fiori recanti i nomi di alcune vittime innocenti, assumendosi l’impegno di adottare l’area e manutenerla, portando avanti con le scuole percorsi di bene comune e memoria, di sostenibilità ambientale.
Il ricordo lascia il segno
La manifestazione dal titolo “Il ricordo lascia il segno” ha voluto scuotere le coscienze e sensibilizzare la cittadinanza nel contrastare la sottocultura della violenza mafiosa e dell’indifferenza complice. Un impegno che dovrebbe vedere tutti promotori di un vero cambiamento.
In terre stremate dalle mafie, come la Calabria, va formulata una pedagogia della r-esistenza che strappi al buio i nomi di chi ha pagato a caro prezzo la difesa dei propri ideali, il proprio lavoro o il ritrovarsi in un luogo piuttosto che in un altro. Quella alle vittime delle mafie è una memoria dovuta.
Ricostruire significa fare finalmente i conti con un passato scomodo e doloroso.
Non si tratta solo di storie individuali o familiari, ma delle storie dei nostri territori che raccontano un pezzo di storia del nostro Paese. Leggere e conoscere gli avvenimenti, sostenere i familiari nel percorso di trasformazione del dolore in impegno, chiedere verità e giustizia per tutte le vittime innocenti è una responsabilità comune.
E’ indispensabile elaborare percorsi che ci permettano di costruire un’idea di Memoria che vada oltre il rischio della retorica e che conservino un valore collettivo, così come gettare le basi per una cultura della “riparazione” che possa cucire le ferite che ogni violenza mafiosa ha inferto alle nostra società.
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